giovedì 30 aprile 2009

Quasi un mese.... Terra mia ce la farai, come ce l'hai sempre fatta! -Riflessioni-

E' trascorso quasi un mese...
Dopo essere tornata ai miei studi, la tensione che da sempre mi spinge a tornare a casa ha avuto il sopravvento.. e così eccomi di nuovo a Raiano, a trascorrere un paio di giorni con la mia famiglia, ed accertarmi della situazione.
Qui almeno sembra stia finendo il periodo del dormire vestiti e con le scarpe, in attesa dell'inatteso, ma le persone hanno ancora la paura negli occhi... Proprio poco fa una nuova scossa ha fatto ripiombare la gente in uno stato di semi-panico...
L'impatto emotivo che ha avuto il sisma sulle persone è impressionante. Addirittura nel mio paese ed in quelli limitrofi, che fortunatamente non hanno subito grossi danni, le persone sono al limite del collasso nervoso... per non parlare di chi il sisma l'ha vissuto in pieno sulla propria pelle.
I racconti di chi l'ha vissuto "sotto il sedere" sono sconvolgenti, si parla di buona parte della storia abruzzese andata perduta... un patrimonio storico, artistico e di memoria, oramai inesistente...
Cancellato il capoluogo, cancellati interi paesi, sogni, speranze..
Le speranze di un popolo sempre dimenticato, che a denti stretti è andato avanti sfidando la sorte, sfidando e amando le sue montagne impervie che tra lacrime e sangue però l'hanno sempre protetto. L'Abruzzo interno, quello sconosciuto, quello dei pastori che vivevano di transumanza e di ciò che le loro mani ferite riuscivano a creare. L'Abruzzo dei cafoni, terra di mezzo, nè nord nè sud, quasi assente dalle carte geografiche, perchè la vicinanza con Roma alla fine non è stata un grosso vantaggio, probabilmente ha contribuito solo allo spopolamento dei piccoli borghi, da cui per anni e anni i giovani sono fuggiti, e lo fanno tuttora, alla ricerca di fortuna nella Capitale.
L'Abruzzo che si è auto-diviso: da una parte la costa, il chietino, il pescarese, ed anche il teramano, "terre più fortunate perchè hanno il mare!" E dall'altra i poveracci montanari, quelli dell'aquilano (che poi occupa metà regione!) che vivono di pecore e campagna, abbrutiti dalla terra e dal freddo. Ma è proprio questa la zona più bella dell'Abruzzo, quella da cartolina, che da anni prova, a volte inutilmente, di sfondare nel turismo, di mostrare a tutto il mondo la sua bellezza, il suo verde, i suoi sapori, il suo calore.... Il mio Abruzzo, quello di cui ho sempre parlato ai miei amici, quelli che incontravo lungo le varie peregrinazioni, e che invitavo puntualmente a venirmi a trovare. Ma ben pochi sono venuti, e oramai, buona parte di quello che avrei voluto mostrare loro, è andato distrutto....

Non fa niente, la forza non muore mai. Abruzzo mio, con gli occhi pieni di lacrime ti ho guardato scrollarti di dosso le macerie, risollevarti ancora una volta su tutto, gridare la tua voglia di vivere, senza scenate, senza strepiti. Come al solito ti sei rialzato con la tua immensa dignità negli occhi e hai reagito. Io spero solo che non ti lascerai abbindolare da chi ti prometterà la luna, solo per derubarti del poco che è rimasto. Spero solo che le risorse per ricominciare verranno a te e da te. Che saranno le tue imprese a ricostruirti, che saranno le tue braccia a rimetterti in piedi, che sarà il tuo sorriso a splendere nuovamente su tutti noi....

E non posso non esprimere un infinito grazie a tutti coloro che da un mese ormai hanno offerto parte della loro vita per ricostruire quella di alcuni estranei. Io Vi sono riconoscente, perchè mai s'era visto tanto affetto, tanta solidarietà verso una popolazione semi-sconosciuta. Certo, se fossero state diverse le circostanze sarebbe stato meglio, ma almeno ora tutti forse ricorderanno dov'è l'Abruzzo, e addirittura dov'è l'Aquila.... che presto tornerà a volare!

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